E’ ormai ampiamente dimostrato che le esperienze infantili di attaccamento alle figure genitoriali costituiscono il nucleo centrale delle relazioni di coppia .
In particolare la madre, caregiver primario e principale fonte di benessere psico-fisico nel bambino, fornisce nei primi anni di vita del bambino l’impostazione dell’assetto relazionale e affettivo del futuro adulto.
Vediamo in che modo..
Secondo Hazan e Shaver (1987) gli stili di relazione degli adulti, nonché le relazioni sentimentali, sono connessi con il legame di attaccamento che i soggetti da bambini hanno stabilito con le figure genitoriali.
In sostanza, le persone tendono a ricercare partner che replichino gli stili relazionali interiorizzati nell’infanzia.
Bambini che hanno sviluppato un attaccamento sicuro, grazie a una madre che rispondeva prontamente ai propri segnali e bisogni, diventano adulti fiduciosi in grado di stabilire rapporti significativi, pronti all’impegno, all’accettazione della dipendenza reciproca, e non preoccupati per il futuro.
Chi da bambino ha sviluppato un attaccamento evitante, con una madre che rifiutava e sminuiva le richieste di accudimento, da adulto è distaccato, insofferente rispetto alle relazioni troppo strette e alla possibilità di dipendenza.
Bambini che hanno sviluppato un attaccamento ambivalente, con madri non particolarmente rifiutanti, ma imprevedibili nelle risposte di accudimento, diventano adulti preoccupati di non essere amati, incerti, ansiosi e desiderosi di fondersi con il partner.
STILI DI ATTACCAMENTO IN ETA’ ADULTA
Di conseguenza, avremo 4 stili di attaccamento adulto.
– Sicuro, caratterizzato da bassa angoscia e basso evitamento: tipico di persone con una degna considerazione di sé, capaci di intimità, autonomia e conforto nelle proprie relazioni sociali; tendono ad avere una relazione lunga, stabile e soddisfacente, caratterizzata da un alto investimento affettivo.
– Preoccupato, caratterizzato da alta angoscia e basso evitamento: tipico delle persone con elevato senso di inadeguatezza, vigili, preoccupate e con una bassa soddisfazione nelle relazioni.
– Distanziante, caratterizzato da bassa angoscia e alto evitamento: tipico di persone poco interessate alle relazioni, con bassa soddisfazione e bassa intimità nelle stesse.
– Evitante-spaventato, caratterizzato da alta angoscia e alto evitamento: tipico di persone che tendono ad evitare il contatto con gli altri per anticipare un possibile rifiuto sociale. Si innamorano meno facilmente ed evitano l’intimità.
DIPENDENZA AFFETTIVA
Poi c’è la dipendenza affettiva!
Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a vivere l’amore nella sua interezza.
Vive in un costante stato di tensione dominato da angoscia abbandonica e ansia da separazione. La presenza dell’altro non è più una libera scelta ma diventa una questione di sopravvivenza: senza l’altro si ha la percezione di non esistere. I propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati in una relazione simbiotica.
La dipendenza affettiva non è un fenomeno che riguarda soltanto la persona dipendente, ma è una dinamica a due, in cui ciascuno ha il suo ruolo perché l’altro contribuisce a mantenerlo.
Anche la dipendenza affettiva affonda le sue radici nel rapporto con i genitori durante l’infanzia.
Le persone dipendenti provengono da famiglie in cui i bisogni emotivi sono stati trascurati in virtù dei bisogni materiali. Queste persone nell’infanzia hanno ricevuto il messaggio che non erano degni di essere amati o che i loro bisogni non erano importanti.
La ferita infantile viene in parte coperta durante la crescita, ma non sanata, per cui si ripresenterà nell’età adulta: la persona cercerà di riportare in auge le ancestrali situazioni infantili di rifiuto, per cercare inconsciamente di risolverle.
5 PASSI PER USCIRE DALLA DIPENDENZA AFFETTIVA
Uscire dalla dipendenza affettiva è difficile, ma non impossibile!
-
Esserne consapevoli di essere in una condizione di dipendenza affettiva
Di seguito qualche domanda che vi aiuterà in questo percorso di consapevolezza:
– Vi capita di sentire un’attrazione molto intensa, ma distruttiva, per il vostro partner?
– Durante la relazione siete spesso depressi?
– Quando interrompete la relazione, ne cercate subito un’altra?
– Non riuscite a mantenere i vostri spazi di autonomia, perché pensate sempre al vostro partner?
– Vi risulta difficile interrompere la relazione nonostante notevoli tensioni?
– Il vostro partner vi sembra emotivamente lontano da voi?
– Vorreste cambiare il vostro partner?
– Cercate di fare di tutto per compiacere il vostro partner anche quando non siete d’accordo con le sue scelte?
– Durante i rapporti sessuali, vi preoccupate più di compiacere il vostro partner piuttosto che provare piacere per voi stessi?
– Aspettate con ansia le telefonate del vostro partner?
– Pensate che non riuscirete mai più ad innamorarvi?
Se avete risposto di sì a quasi tutte le domande, potete prendere in considerazione l’ipotesi di avere un rapporto di dipendenza.
2. Riconoscere come si è formato il carattere dipendente.
Il secondo passo sta nel chiedersi e riconoscere come si è formato il carattere dipendente, eventualmente cercando le cause nell’infanzia e nei modelli familiari. Se necessario, consultate uno psicologo in questo difficile percorso di scoperta e rielaborazione.
3. Riconoscere i propri bisogni
Il terzo passo sta nel distinguere i propri bisogni autentici, e i bisogni che sono stati proiettati sull’altro, le proprie emozioni positive e negative.
4. Resistere alla dipendenza e rimpadronirsi del proprio se’.
Il quarto passo sta nel prendersi cura di se stessi e nel rimpadronirsi del proprio IO. Come?
– Ricominciando a coltivare i propri interessi e le proprie amicizie.
– Riconoscendo e smascherando i tentativi manipolatori alla base della relazione e mettendo un confine interno tra se’ e l’altro.
– Riconoscendo i circoli viziosi che non portano a nulla di buono e discuterne in coppia per cercare delle strategie funzionali.
– Ricordandosi di essere persone autonome con caratteristiche e risorse proprie, non un tutt’uno con l’altro.
Nei casi più difficili, qualora i costi emotivi siano più alti dei benefici, è opportuno prendere in considerazione l’idea di mettere fine a una relazione dolorosa, affrontando la sofferenza del distacco e la paura della solitudine.
5. Rispetto per se stessi.
Il quinto passo sta nell’apprendere il rispetto per se stessi.
Come? Non cadendo nella trappola dell’altro e cercando di fare quello che si vuole. Imparare a dire sì a se stessi e no agli altri è un importante gesto di rispetto per se stessi!
In questo percorso complesso è importante, sì ritrovare i propri spazi, ma soprattutto non isolarsi. Chiedere aiuto a qualcuno e fidarsi, senza instaurare un rapporto di dipendenza, è fondamentale per riparare le vecchie ferite e sperimentare una forma relazionale sana.
Mariangela Romanelli – Psicologa Psicoterapeuta
Bologna – Treviso – Castelfranco Veneto (TV)