Negli ultimi anni, le neuroscienze hanno sviluppato linee di ricerca sempre più orientate a individuare le connessioni tra mente e corpo.
In questo ambito interessanti sono le ricerche che dimostrano l’importanza del contatto fisico primario della madre sulla vita emozionale del bambino.
Tali ricerche evidenziano che il cervello del bambino assume connotazioni fisiche e strutturali diverse a seconda delle basi genetiche ed esperienziali.
Ciò significa che le esperienze di accudimento e contatto vissute nell’infanzia possono influire sui processi che portano allo sviluppo dei circuiti neuronali. Inducono quindi la formazione di nuove connessioni sinaptiche e modificando quelle preesistenti (Kandel 2009).
In passato già gli psicoanalisti Spitz e Bowlby avevano studiato le conseguenze della privazione del contatto materno sul bambino.
Spitz (1952) aveva osservato in bambini di circa un anno separati dalla madre, o perché ospedalizzati o perché in orfanotrofio, l’insorgere di una sindrome, definita depressione anaclitica, caratterizzata da un crollo psichico e somatico.
Neurofisiologia del contatto materno
Recentemente, anche in ambito neuroscientifico è stata dimostrata l’importanza del contatto materno.
Uno studio condotto da Tie-Yuan Zhang e altri nel 2010, ha evidenziato come la grave carenza di attenzioni parentali nella primissima infanzia determini cambiamenti molecolari che influenzano l’attività cerebrale e che possono, a loro volta, determinare una predisposizione ai disturbi mentali.
Dunque, nel neonato la carenza di stimoli sensoriali attraverso il tatto, il movimento corporeo, l’odore, il gusto e l’allattamento al seno, impedisce il legame madre-bambino. Determina disordini emotivo-comportamentali. Rallenta la neurofisiologia del piccolo, dal battito cardiaco alla respirazione, fino alla produzione dell’ormone della crescita.
In tali condizioni di deprivazione somatica ed affettiva, i bambini sviluppano delle strategie compensatorie disfunzionali, carenze affettive, intellettive e sociali quali comportamenti stereotipati di ricerca di stimoli, evitamento tattile, percezioni alterate di dolore e piacere, comportamenti anti-sociali, depressione.
Il bambino piccolo ha quindi bisogno del contatto fisico con la madre, così come ha bisogno dell’acqua e dell’aria (Lowen, 1985).
L’epidermide è il nostro mezzo di espressione più apparente, essendo l’organo di senso più esteso nel corpo. Essa svolge una funzione di confine tra esterno e interno e consente lo sviluppo della formazione del Sé.
L’identità personale ha una sostanza ed una struttura in quanto basata su schemi senso-affettivi-motori e su sensazioni corporee; di conseguenza una perdita di contatto con il corpo porta ad una perdita di contatto con la realtà (Lowen, 1967).
Quindi, se la psicologia clinica e la psicoanalisi tendono a confermare l’importanza del contatto fisico-corporeo e della relazione con la madre nello sviluppo affettivo e cognitivo del bambino, le neuroscienze tendono a confermare l’importanza dell’ambiente (del contatto e della relazione) nei cambiamenti sia chimici che epigenetici del cervello e delle strutture nervose.
Dr.ssa Mariangela Romanelli
Psicologa Psicoterapeuta
Bologna – Treviso – Castelfranco V.to